Interessi di mora più cari dal 1° maggio 2013. Sulle cartelle esattoriali ci sarà una calda estate. La pubblica denuncia dello "Sportello dei Diritti"
Interessi
di mora più cari dal 1° maggio 2013. Sulle cartelle esattoriali ci sarà una calda estate.
La
pubblica denuncia dello "Sportello dei Diritti"
Ci dicono che il Fisco
sarebbe diventato più "umano" e sensibile ai problemi dei cittadini
anche in ragione della crisi economica, ma ci prendono letteralmente "in
giro". Perché se da una parte con il cosiddetto decreto "Fare"
ci buttano un po' di fumo negli occhi, dall'altra tolgono dalle tasche degli
italiani, nel silenzio pressoché generale di una politica bipartisan complice
di disparità e diseguaglianze.
Questa volta, in tal
senso, lo “Sportello dei Diritti”,
spiega il fondatore Giovanni D'Agata, attraverso un articolata disamina da
parte degli avvocati tributaristi Maurizio Villani e Idalisa Lamorgese della
normativa vigente e dei recenti provvedimenti, denuncia pubblicamente lo
scandalo degli interessi moratori applicati in caso di ritardo nel pagamento di
imposte, tributi e sanzioni che in un momento di gravissima e profonda crisi
economica aumentano per effetto di sciagurate misure, andando così a gravare
ancor di più sulle condizioni a dir poco precarie delle famiglie e delle
imprese italiane e creano scompensi e diseguaglianze quando a rimborsare, al
contrario dev'essere il Fisco. Di seguito, andiamo a spiegare attraverso la
dettagliata analisi dei due tributaristi, cosa sta accadendo in materia nel nostro
Paese per invocare un intervento immediato del governo volto a perequare tali
divergenze e a ridurre gli aggravi a carico dei contribuenti.
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L’art. 1, comma
150, della legge 24 dicembre 2007 n. 244 stabilisce che “Con decreto del
Ministro dell’economia e delle finanze, emanato ai sensi
dell’articolo 13, comma 1, della legge 13 maggio 1999, n. 133, sono
stabilite le misure, anche differenziate, degli interessi per il versamento, la
riscossione e i rimborsi di ogni tributo, anche in ipotesi diverse da quelle
previste dall’articolo 13 del decreto-legge 30 dicembre 1993, n. 557,
convertito, con modificazioni, dalla legge 26 febbraio 1994, n. 133, nei limiti
di tre punti percentuali di differenza rispetto al tasso di interesse fissato
ai sensi dell’articolo 1284 del codice civile, salva la determinazione degli interessi di mora ai
sensi dell’articolo 30 del decreto del
Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, e successive
modificazioni”.
L’articolo 30 del citato D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 stabilisce
che: “Decorso inutilmente il termine previsto dall’articolo 25,
comma 2, sulle somme iscritte a ruolo, escluse le sanzioni pecuniarie
tributarie e gli interessi, si applicano, a partire dalla data della notifica
della cartella e fino alla data del pagamento, gli interessi di mora al tasso determinato annualmente con decreto
del Ministro delle Finanze con riguardo alla media dei tassi bancari
attivi”.
Premesso ciò, per la
prima volta, dopo tre anni, con provvedimento del direttore dell’Agenzia
dell’Entrate del 4 marzo scorso emesso - appunto - ai sensi e per gli
effetti dell’articolo 30 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 gli
interessi di mora (quelli dovuti dal debitore per il ritardo nel pagamento)
tornano a salire e in un momento in cui è particolarmente difficile per
cittadini e imprese onorare gli impegni assunti, sia per effetto della
congiuntura economica sfavorevole ma anche a causa della contrazione del canale
di accesso al capitale di credito erogato da banche e istituti finanziari, tale
previsione non può certamente accogliersi con favore.
Di conseguenza, a far
data dal 1° maggio 2013 il nuovo tasso su base annua è salito dal 4,5504% al
5,2233% e, pertanto, pagare in ritardo una cartella esattoriale (dopo il 61°
giorno dalla data di notifica della cartella di pagamento) costerà di più.
In sostanza, se il
debitore non provvede al pagamento dell’importo dovuto nel termine di 60
giorni, scattano oltre agli interessi di mora maturati giornalmente dalla data
di notifica sulle somme iscritte a ruolo, anche eventuali spese connesse al
mancato o ritardato pagamento.
Nelle
“motivazioni” del provvedimento ministeriale si legge testualmente
che: “…..Considerato che, come
detto, l’art. 30 prevede una determinazione annuale del tasso di
interesse in questione, è stata interessata la Banca d’Italia che, con
nota dell’8 febbraio 2013, ha stimato al 5,2233% la media dei tassi
bancari attivi con riferimento al periodo 1.1.2012 – 31.12.2012. Il
presente provvedimento fissa, dunque, con effetto dal 1° maggio 2013, al
5,2233% in ragione annuale, la misura del tasso di interesse da applicare nelle
ipotesi di ritardato pagamento delle somme iscritte a ruolo, di cui all’articolo
30 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602.”
A tal proposito non si
può trascurare di sottolineare che nel tempo vari decreti ministeriali si sono
succeduti modificando, di volta in volta, l’ammontare dei tassi di
interesse applicabili, ma ancora non si è risolto il problema della disparità
di trattamento sull’applicazione degli interessi. Infatti, continuiamo a
chiederci in base a quale criterio e a quale norma di legge vi sia una
differenza tra gli interessi spettanti all’Amministrazione Finanziaria e
gli interessi che si applicano ai rimborsi in favore del contribuente.
Infatti - come noto -
sulle somme dovute dai cittadini contribuenti o dall’Amministrazione
Finanziaria maturano ovviamente degli interessi a favore dell’una o
dell’altra parte a seconda delle diverse situazioni.
Orbene, l’ammontare
dei tassi di interesse sono stabiliti dalla legge o dai decreti ministeriali in
misura assai differente a seconda che creditore della somma su cui tali
interessi si applicano sia il contribuente o l’Amministrazione Finanziaria.
Al contrario, è giusto
dire che tale disparità non esiste in materia di tributi locali in quanto vi è
una disposizione di legge che espressamente fissa l’ammontare degli
interessi sui ritardati versamenti e quelli sui ritardati rimborsi nella stessa
misura. In particolare, l’accertamento dei tributi locali è disciplinato
dalla Legge 27 dicembre 2006 n. 296, che ne ha uniformato la disciplina. Per
quel che qui interessa, giova porre l’attenzione sull’articolo 1,
comma 165, che regolamenta la materia degli interessi applicabili ai tributi
locali, stabilendo che i relativi tassi siano uguali per le ipotesi di
versamento in ritardo dell’imposta da parte del contribuente e per le
ipotesi di ritardati rimborsi nei confronti dei contribuenti. Infatti,
l’art. 1, comma 165, suddetto stabilisce testualmente dispone che:
“La misura annua degli interessi è determinata, da ciascun ente
impositore, nei limiti di tre punti percentuali di differenza rispetto al tasso
di interesse legale. Gli interessi sono calcolati con maturazione giorno per
giorno con decorrenza dal giorno in cui sono divenuti esigibili. Interessi
nella stessa misura spettano al contribuente per le somme ad esso dovute a
decorrere dalla data dell’eseguito versamento”.
Esaminiamo adesso,
riprendendo anche un nostro elaborato di poco tempo fa, come tale disparità di
trattamento emerga in maniera rilevante soprattutto in materia di imposte sul
reddito, di imposta sul valore aggiunto e di imposta di registro.
Imposte
sul reddito.
Per i
ritardati versamenti il contribuente dovrà pagare:
a)
gli interessi sulle somme accertate.
L’articolo 20 del
D.P.R. 29 settembre 1973 n. 602, stabilisce che: “Sulle imposte o sulle
maggiori imposte dovute in base alla liquidazione ed al controllo formale della
dichiarazione od all’accertamento d’ufficio si applicano, a partire
dal giorno successivo a quello di scadenza del pagamento e fino alla data di
consegna al concessionario dei ruoli nei quali tali imposte sono iscritte, gli
interessi al tasso del 4 per cento annuo”.
b)
gli interessi per dilazione del pagamento.
L’articolo 21 del
D.P.R. 29 settembre 1973 n. 602, stabilisce che: “Sulle somme il cui
pagamento è stato rateizzato o sospeso ai sensi dell’articolo 19, comma
1, si applicano gli interessi al tasso del 4,5
per cento annuo”.
c)
gli interessi di mora per ritardo nel pagamento delle
somme iscritte a ruolo.
L’articolo 30 del
D.P.R 29 settembre 1973 n. 602, stabilisce che: “Decorso inutilmente il
termine previsto dall’art. 25, comma 2, sulle somme iscritte a ruolo si
applicano, a partire dalla data della notifica della cartella di pagamento e
fino alla data del pagamento, gli interessi di mora al tasso determinato annualmente con decreto del Ministro
delle Finanze con riguardo alla media dei tassi bancari attivi”.
(Interessi che - come detto - a partire dal 1° maggio 2013 ammontano al 5,2233%).
Nei casi di ritardati rimborsi da parte dell’Amministrazione
Finanziaria di somme indebitamente versate dal contribuente,
l’articolo 1, comma 1, del D. M. 21 maggio 2009 stabilisce che: “
Gli interessi per ritardato rimborso di imposte pagate e per rimborsi eseguiti
mediante procedura automatizzata, previsti dagli articoli 44 e 44-bis del decreto del Presidente della
Repubblica 29 settembre 1973, n. 602, sono dovuti nella misura del 2 per cento annuo e dell’1 per cento semestrale, a decorrere dal 1°
gennaio 2010”.
Iva.
In materia di Iva (Imposta
sul Valore Aggiunto) si rileva una genericità delle disposizioni
riguardanti gli interessi applicabili ai ritardati
versamenti dell’imposta, a seguito dell’abrogazione,
avvenuta ai sensi dell’articolo 37, comma 1, del D. Lgs. 26 febbraio
1999, n. 46 del comma 3 dell’articolo 60 del D.P.R. 26 ottobre 1972 n.
633 il quale stabiliva che: “Sulle somme dovute a norma dei precedenti
commi si applicano gli interessi calcolati al saggio indicato nell’art.
38-bis, con decorrenza dal
sessantesimo giorno successivo alla scadenza del termine del 5 marzo
dell’anno solare cui si riferisce l’accertamento o la
rettifica.”
Pertanto, al ritardato
pagamento delle somme dovute dal contribuente si applicava sino al 1999 il
tasso di interesse nella stessa misura stabilita per i ritardati rimborsi Iva
da parte dell’amministrazione finanziaria, disciplinati appunto
dall’art. 38-bis del D.P.R.
633/1972.
Per quanto concerne gli interessi applicabili sulle somme accertate,
l’art. 3-bis del D. Lgs. 18
dicembre 1997 n. 462, introdotto dalla legge n. 244 del 24 dicembre 2007,
disciplina la rateazione delle somme dovute a seguito di liquidazione
automatica, fissando il relativo tasso di interessi applicabile al 3,5 per cento annuo. Infatti,
l’articolo sopra citato al comma 3 stabilisce che: “L’importo
della prima rata deve essere versato entro il termine di trenta giorni dal
ricevimento della comunicazione. Sull’importo delle rate successive sono
dovuti gli interessi al tasso del 3,5 per cento annuo, calcolati dal primo
giorno del secondo mese successivo a quello di elaborazione della
comunicazione. Le rate trimestrali nella quali il pagamento è dilazionato
scadono l’ultimo giorno di ciascun trimestre”.
Venendo alla disciplina
degli interessi applicabili sui rimborsi in
materia di Iva, gli articoli cui fare riferimento sono gli artt. 38-bis, 38-bis1,
38-bis2 e 38-ter del D.P.R. 633/1972.
La misura
dell’interesse annuo di cui all’art. 38-bis sopra citato è stata, poi, rideterminata
dall’articolo 1, comma 2, del D. M. 21 maggio 2009 con effetto a
decorrere dal 1° gennaio 2010. Infatti, l’articolo 1, comma 2, del D. M.
21 maggio 2009 così recita: “Gli interessi per i rimborsi in materia di
imposta sul valore aggiunto, previsti dagli articoli 38-bis e 38-ter
del D.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633, sono dovuti nella misura del 2 per cento annuo, a decorrere dall’1
gennaio 2010”.
Imposta
di registro.
In materia di imposta di registro, rileva, ai fini della
nostra analisi, il comma 4 dell’articolo 55 del D.P.R. 26 aprile 1986 n.
131.
Il suddetto articolo
disciplina in particolare la riscossione dell’imposta successivamente
alla registrazione e stabilisce che: “Il pagamento dell’imposta
complementare, dovuta in base all’accertamento del valore imponibile o
alla presentazione di una delle denunce previste dall’articolo 19, deve
essere eseguito entro sessanta giorni da quello in cui è avvenuta la notifica
della relativa liquidazione.
Il pagamento delle
imposte suppletive deve essere eseguito entro sessanta giorni da quello in cui
è avvenuta la notifica della relativa liquidazione.
Il pagamento delle
imposte e delle sanzioni amministrative eseguito successivamente alla
registrazione deve risultare da apposita quietanza indicante gli estremi di
registrazione dell’atto e le generalità del soggetto che ha eseguito il
pagamento.
Per gli
interessi di mora si applicano le disposizioni delle leggi 26 gennaio 1961, n.
29, 28 marzo 1962, n. 147 e 18 aprile 1978, n. 130”.
Come evidenziato,
l’articolo 55 del D.P.R. 26 aprile 1986 n. 131 al comma 4 richiama, per
l’applicazione degli interessi di mora, la legge del 26 gennaio 1961, n.
29 che stabilisce quanto segue.
Art. 1 “Sulle somme dovute all’Erario per tasse e
imposte indirette sugli affari si applicano gli interessi moratori nella misura
semestrale dell’1,375 per cento da computarsi per ogni semestre compiuto”.
Art. 2 “Gli
interessi si computano a decorrere dal giorno in cui il tributo è divenuto
esigibile ai sensi delle vigenti disposizioni”.
Art. 3 “In caso di
omissione di formalità o di omessa autotassazione, o di insufficiente o mancata
denuncia, gli interessi si computano dal giorno in cui la tassa o
l’imposta sarebbe stata dovuta se la formalità fosse stata eseguita o
l’autotassazione effettuata o la denuncia presentata in forma completa e
fedele”.
Art. 4 “Gli
interessi sono dovuti indipendentemente dall’applicazione di ogni
penalità o sopratassa prevista dalle singole leggi tributarie”.
Art. 5 “Sulle somme pagate per tasse e imposte indirette sugli
affari e ritenute non dovute a seguito di provvedimento in sede amministrativa
o giudiziaria spettano al contribuente gli interessi di mora nella misura di
cui al precedente art. 1 a decorrere dalla data della domanda di rimborso”.
In realtà, come già
detto, anche con riferimento a questa fattispecie, il D. M. 21 maggio 2009 ha
modificato la misura del tasso di interesse sia per quanto concerne il
ritardato pagamento da parte del contribuente sia per quanto concerne il
ritardato rimborso da parte dell’Amministrazione Finanziaria.
Infatti, con riferimento
al ritardato pagamento da parte del
contribuente, l’articolo 6, comma 2, lett. b, del D. M. 21
maggio 2009 stabilisce che: “A decorrere dal 1° gennaio 2010 sono
stabiliti al tasso del 3,5 per cento annuo
gli interessi relativi alle somme dovute a seguito di pagamento
dell’imposta di registro, di donazione, ipotecaria e catastale entro i
termini previsti dagli articoli 54, comma 5, e 55, comma 1, del decreto del
Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131”.
Mentre, con riferimento
ai rimborsi da parte
dell’Amministrazione Finanziaria, l’articolo 1, comma 4, del D. M. 21 maggio 2009 dispone
che: “Gli interessi per i rimborsi delle somme non dovute per tasse e
imposte indirette sugli affari, previsti dagli articoli 1 e 5 della legge 26
gennaio 1961, n. 29 sono dovuti nella misura dell’1 per cento per ogni semestre compiuto, a
decorrere dal 1° gennaio 2010”.
Da quanto chiarito si
evince, dunque, e si ribadisce, che ancora una volta le posizioni del Fisco e
del contribuente non sono su un piano di parità.
Perché il Fisco quando
rimborsa applica interessi inferiori rispetto a quanto richiede dal
contribuente in caso di accertamento o iscrizione a ruolo?
Ci sono gli estremi di
una illegittimità costituzionale, in violazione del principio di uguaglianza di
cui all’articolo 3 della Costituzione. Il pagamento degli interessi di
mora deve avvenire nella stessa misura e non può essere diverso a seconda che
creditore di tali somme sia l’Amministrazione Finanziaria o il
contribuente.
È quindi auspicabile un
intervento del Legislatore, che sani questa illegittima disparità di
trattamento tra il fisco ed il cittadino-contribuente, che riveda alcuni
aspetti della riscossione dei tributi, introducendo elementi di flessibilità
che consentano di contemperare la tutela degli interessi erariali con quella,
altrettanto fondamentale, di preservare la sopravvivenza economica delle
famiglie e delle imprese colpite dalla crisi.
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